martedì 30 novembre 2010

CO: l'assassino dei poveri

2011 Anno internazionale della chimica

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 30 novembre 2010

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

La cronaca quotidiana contiene spesso notizie dolorose di persone che muoiono per avvelenamento “da gas”: si tratta in genere di poveretti che cercano di scaldarsi con un braciere o un fornello a legna o carbone coprendo il carbone con la cenere per fare durare il calore più a lungo --- ce ne sono ancora nella nostra società opulenta, se solo si vuole guardare al di fuori delle luci delle strade e dei negozi --- oppure di anziani che si scaldano con qualche stufa a carbone o anche a gas e tengono le finestre chiuse per non disperdere il calore. In genere ciò avviene in vecchi edifici privi di camino o con il camino intasato, per cui i gas che si liberano nella combustione si accumulano nella stanza e uccidono chi vi abita. Fra i vari gas che si formano nella combustione, l’”assassino dei poveri” è il velenoso ossido di carbonio, il “fratello minore”, quello malvagio, della ben più nota anidride carbonica.

L’anidride carbonica, un gas anche lei, non è velenosa, anche se, quando finisce nell’atmosfera, influenza negativamente l’ambiente modificando il clima, tanto che i vari paesi stanno discutendo come limitarne le emissioni nell’atmosfera in una grande conferenza che si è aperta proprio ieri a Cancun nel Messico (vedremo fra un paio di settimane come va a finire). Sia l’anidride carbonica sia l’ossido di carbonio sono i prodotti della combustione, cioè della combinazione con l’ossigeno dell’aria, del carbonio, l’elemento più importante della natura; il carbonio, sotto forma di anidride carbonio si combina con l’acqua per produrre i vegetali; il carbonio presente negli alimenti o nei combustibili si combina con l’ossigeno liberando il calore che permette la vita o fa funzionare le macchine o scalda gli edifici.

Quando l’ossigeno è abbondante, come avviene generalmente, il carbonio lega a se due atomi di ossigeno e si trasforma in anidride carbonica CO2; se l’ossigeno è scarso il carbonio è capace di legare a se un solo atomo di ossigeno e si forma l’ossido di carbonio CO, il quale a sua volta è un combustibile perché, in presenza di altro ossigeno, brucia a sua volta con formazione di CO2. L’ossido di carbonio è entrato di prepotenza nella storia umana alla fine del Settecento quando si è scoperto che, scaldando il carbone di legna o il carbone fossile in presenza di poca aria, si forma una miscela di sostanze volatili fra cui ossido di carbonio, idrogeno e alcuni altri gas. Archibald Cochrane (1748-1831), che fabbricava catrame scaldando il carbon fossile ad alta temperatura, in una storta senza aria, intorno al 1790 si rese conto che il sottoprodotto gassoso, contenente, appunto, ossido di carbonio, che andava perduto, bruciava con una fiamma luminosa; poteva così essere recuperato (altro esempio di recupero commerciale di un rifiuto) e utilizzato per l’illuminazione delle strade e poi degli edifici.

Nel 1792 William Murdoch (1754-1839) illuminò la propria casa col gas di carbone prodotto a 25 metri di distanza. Nel 1801 Philippe Lebon (1767-1804) portò il gas illuminante con una tubazione nel giardino e all'interno dell'albergo Seignelay di Parigi; nel 1805 fu illuminata a gas una fabbrica a Manchester. Nel dicembre 1807 una parte della strada Pall Mall di Londra fu illuminata con lampioni a gas; nel 1815 la rete di distribuzione del gas illuminante a Londra era lunga 25 chilometri e nel 1819 pare fosse di 350 chilometri. Da allora in tutta Europa e nel Nord America si sono moltiplicate le “Officine del gas” spesso chiamate “gasometri”, contraddistinte da un grande serbatoio cilindrico nel quale veniva accumulato il gas previamente depurato. Il Gasometro di Bari, ora smantellato, era in Via Napoli. Nella maggior parte delle città il gas illuminante, un combustibile gassoso, comodo da usare, veniva distribuito, mediante tubazioni, nelle case dapprima per illuminazione, poi come gas per riscaldamento e cucina, e questo fino agli anni cinquanta del Novecento, quando fu sostituito dal gas metano.

Il gas illuminante e da cucina portava luce e calore nelle case, ma anche il velenoso ossido di carbonio e da allora è cominciata la serie di incidenti e avvelenamenti dovuto a perdite di gas dalle tubazioni e dagli apparecchi domestici. La tossicità dell’ossido di carbonio è dovuto alla facilità con cui si lega all’emoglobina del sangue formando un composto che impedisce il normale trasporto dell’ossigeno nelle vene; chi lo respira, anche in basse concentrazioni, non se ne accorge perché l’ossido di carbonio è inodore e provoca un lento insensibile stordimento e poi la morte.

L’ossido di carbonio si forma anche durante la combustione della benzina e del gasolio nei motori a scoppio che funzionano con una rapidissima successione di combustioni, entro il cilindro, del carburante; in queste condizioni il carbonio presente nei carburanti non riesce a combinarsi tutto in maniera completa con l’ossigeno. Si formano così, insieme all’anidride carbonica, anche piccole ma apprezzabili quantità di ossido di carbonio che finisce nell’aria esterna; da qui la necessità di dotare gli autoveicoli di catalizzatori che bruciano l’ossido di carbonio trasformandolo in anidride carbonica e l’obbligo di effettuare annualmente il controllo della concentrazione dell’ossido di carbonio nei gas di scarico quando si fa il ”bollino blu”. Se il motore a scoppio di un’automobile funziona in uno spazio limitato, come un garage a porte chiuse, la concentrazione di ossido di carbonio può diventare presto così elevata da uccidere.

Qualche volta si verificano dei casi di avvelenamento da ossido di carbonio, anche quando si usa come combustibile il metano, che non è tossico, se i gas di combustione restano all’interno delle stanze, se non si ha cura di tenere puliti i camini e di ricambiare l’aria nelle stanze. Ma la maggior parte dei casi di avvelenamento si verificano, come si è detto, nelle abitazioni o nei rifugi dei poveretti che hanno più freddo e non sanno niente di chimica. Forse bisognerebbe dargli uno sguardo quando usciamo dalle nostra case calde e sicure.

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