lunedì 21 marzo 2011

La Chimica nel bene e nel male

2011 Anno Internazionale della Chimica

La Gazzetta del Mezzogiorno, mercoledì 16 marzo 2011

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Immaginate Parigi, un freddo capannone, col tetto sconnesso e una giovane immigrata polacca, Marie Sklodowska (1867-1934), alle prese con un mucchio di terra costituita dalle scorie della miniera ceca di Joachimsthal, con l’incarico di cercare di identificare quale frazione di questi rifiuti era capace di impressionare al buio delle lastre fotografiche, come aveva scoperto il suo “principale” il grande fisico Henri Becquerel (1852-1908). E’ aiutata dal marito il giovane professore francese, Pierre Curie (1859-1906), che aveva messo a punto uno strumento capace di svelare la strana attività di quel “qualcosa” contenuto in tali rifiuti. Come è noto, i due Curie identificarono la fonte di quella che chiamarono “radioattività”, in due nuovi elementi chimici, il radio e il polonio. Becquerel e i due Curie ebbero il premio Nobel per la fisica nel 1903. Ma l’avventura di Marie Curie non si darebbe fermata; per le ricerche sulla separazione chimica dei due nuovi elementi allo stato puro, l’argomento della sua tesi di laurea in chimica, la Curie ottenne anche il premio Nobel per la chimica nel 1911. Le Nazioni Unite hanno deciso di proclamare ”Anno internazionale della Chimica” il 2011, il centenario del secondo premio Nobel per Marie Curie.

Strano destino quello della chimica, un nome che affonda le radici nel mondo medievale, viene da una parola araba che indica l’abilità di trasformare i corpi della natura, ammantata di mistero quando si pensa agli alchimisti che promettevano agli avidi potenti di trasformare i metalli vili in oro; fino alla fine del Settecento quando sono stati gettate le fondamenta della chimica moderna, capace di trasformare il sale del mare in detersivi, lo zolfo e i minerali in concimi, e poi di trasformare i gas dell’aria e i residui del carbone e il petrolio in innumerevoli prodotti commerciali, fino alle materie plastiche, alle fibre e alla gomma sintetica, e poi medicinali, esplosivi, cosmetici, eccetera. La chimica esaltata quando si sperava che fosse capace di produrre agenti capaci di distruggere i parassiti, fino a quando non si sono scoperte le trappole in cui era possibile cadere dall’uso dei pesticidi sintetici, l’”arte” che salva le vite e che avvelena.

Di queste contraddizioni si fa interprete il linguaggio comune per cui molte cose “buone” vengono presentate “senza chimica”, e molte cose “cattive” sono presentate come “chimica”. Alla cattiva fama della chimica hanno contribuito incidenti industriali, come quelli di Seveso e di Manfredonia, e la delusione delle fabbriche che sono state chiuse una dopo l’altra lasciandosi dietro terreni contaminati e disoccupazione. Chimica poco conosciuta e poco amata, spesso insegnata male e senza amore, per cui si può dire che esistono, anche fra le persone colte e gli intellettuali, molti analfabeti di chimica.

Eppure la conoscenza della chimica apre gli occhi su orizzonti sterminati e mostra, mi perdonino i lettori, anche una intrinseca bellezza e armonia e rappresenta una sgida per il futuro. Mediante metodi chimici e chimico-fisici sempre più raffinati è possibile svelare la contaminazione degli alimenti, la presenza di pesticidi nelle verdure, la presenza di agenti inquinanti nell’aria; i metodi di analisi chimica hanno permesso di svelare la formazione di diossine negli inceneritori, di idrocarburi cancerogeni nei fumi delle combustioni, ma anche le frodi consistenti nella miscelazione di oli di mandorle e nocciole con l’olio di oliva, la presenza di rottami radioattivi nelle importazioni destinate alle fonderie di metalli.

Anzi c’è disperato bisogno di un crescente numero di buoni chimici proprio nei servizi pubblici di repressione delle frodi e di difesa della salute. C’è poi lo sterminato campo della chimica delle sostanze naturali; il mondo vegetale e animale contiene innumerevoli sostanze, in gran parte ancora misteriose, che potrebbero curare malattie e combattere i parassiti, che potrebbero fornire fonti di energia rinnovabili e non inquinanti o materie plastiche alternative a quelle del petrolio.

Benché la chimica delle sostanze naturali sia studiata in molti laboratori, la fantasia della natura è così grande che ci vorrebbero decenni di lavoro e tantissimi (bravi) chimici per svelare i suoi segreti; non va dimenticato che la maggior parte dei medicinali che usiamo derivano, direttamente o indirettamente, dma modificazioni chimiche di sostanze naturali, l’aspirina da componenti delle foglie del salice, i cortisonici dagli steroli naturali, eccetera. Quel DNA di cui si parla nelle indagini poliziesche (è l’acronimo del nome di una precisa sostanza chimica), si può caratterizzare con raffinate tecniche messe a punto da chimici e ormai praticate in tantissimi laboratori.

Sempre di più i chimici riescono a modificare su misura le molecole in modo da scoprirne nuove proprietà, talvolta verificando le proprietà che erano state previste teoricamente con i calcolatori elettronici. E proprio questi, i computer, sono così potenti e stanno diventando sempre più potenti perché i chimici e i fisici insieme modificano dei piccolissimi pezzi di materia per costringere il silicio e altri “semiconduttori”, a immagazzinare grandissime quantità di informazioni in uno spazio sempre più ristretto. Se godete dei colori brillanti dello schermo dei vostri televisori ringraziate i chimici che hanno caratterizzato ed estratto dai minerali l’europio e altri elementi delle terre rare, che, stesi sui monitor, riescono a generare immagini così realistiche.

Ed esiste poi la grande chimica più “volgare”, quella delle industrie chimiche, detestate e contestate, ma di cui non potremmo fare a meno se vogliamo che i campi siano fertili, so vogliamo correre con le automobili su ruote coperte di gomma sintetica, se ci pavoneggiamo in bei vestiti di fibre sintetiche, se possiamo portare la spesa a casa dal negozio dentro i “sacchetti” biodegradabili; e anche le buste riutilizzabili alternative sono ottenute con fibre sintetiche o con fibre naturali trattate con la detestata “chimica”. E chimici sono i processi che trasformano i minerali in acciaio o alluminio o rame, processi che generano fumi e rifiuti ma solo perché la chimica viene usata poco e male, e invece adatti processi chimici potrebbero abbattere le nocività ambientali che escono dai camini, se tanti imprenditori non volessero risparmiare soldi, a spese della salute altrui.

E la chimica protegge i metalli dalla corrosione con vernici, e protegge i raccolti trasformandoli in alimenti con processi di conservazione. Se fosse vero quello che ho finora detto ci sarebbe da chiedersi perché la chimica è così detestata. La ragione credo vada cercata nella incapacità sia delle industrie, sia del mondo accademico, di parlare con sincerità e chiarezza sul rispettivo operare. Spesso la chimica viene presentata con discorsi melensi, quasi difesa di ufficio per mettere a tacere i critici. Il grande chimico Linus Pauling (1901-1994), premio Nobel per la chimica (e con un secondo premio Nobel per la Pace) scrisse una volta che i chimici devono smettere di parlare soltanto alle loro provette e devono imparare a parlare “al popolo”. Pensate che, purtroppo, non c’è una rivista popolare che parli di chimica in maniera chiara, spregiudicata e sincera, che parli di chi ha fatto progredire la chimica e di chi la sta facendo progredire, non con fatue esposizioni pubblicitarie, ma nel silenzio dei laboratori e della fantasia.

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