martedì 22 gennaio 2013

Chimici e parlamento

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 22 gennaio 2013 

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it 

Migliaia di persone sono candidate alle prossime elezioni per le due camere del Parlamento nazionale e per alcuni parlamenti regionali. E’ bello che così tante persone desiderino mettere le proprie competenze al servizio dei più nobili compiti della vita civile: scrivere ed approvare le leggi, specialmente quelle che stabiliscono come va speso il pubblico denaro, esercitare con interpellanze e interrogazioni il controllo sul comportamento del governo e delle pubbliche amministrazioni.

I candidati e gli eletti mettono a disposizione del paese e degli elettori le competenze e le esperienze della loro vita professionale: avvocati e operai, disabili e atleti, medici e scrittori, attori e agricoltori, professori e artigiani. E chimici ? Quanti chimici sono stati inseriti nelle liste elettorali, quanti verranno eletti ? Eppure i chimici hanno esperienze culturali e professionali, tratte dal lavoro nelle Università, nelle fabbriche, nei laboratori statali e privati, e avrebbero tante cose da dire in un Parlamento e anche nelle.assemblee delle amministrazioni locali.

Il Parlamento deve preparare, discutere e approvare un gran numero di leggi che hanno moltissimi aspetti chimici: si pensi all’adeguamento delle norme italiane alle direttive e ai regolamenti europei, ai rapporti dell’Italia con organismi internazionali e con i problemi del commercio internazionale. Se si legge la Gazzetta Ufficiale della Repubblica, che riporta e rende pubblico il risultato di tutte le norme approvate dal Parlamento, si vede che almeno un quinto di tali norme riguarda aspetti chimici: si parla di qualità della benzina, di prezzi dei carburanti, della composizione dei detersivi, della qualità dell’alluminio adatto per la fabbricazione delle pentole, delle sostanze ammesse o vietate come additivi dei cosmetici o degli alimenti o nei prodotti medicinali, dei concimi e pesticidi usati in agricoltura, dei pericoli a cui sono esposti i lavoratori quando maneggiano solventi o esplosivi, delle precauzioni necessarie nel trasporto delle sostanze corrosive o infiammabili, dei processi per diminuire l’inquinamento e per lo smaltimento dei rifiuti, eccetera. Sto parlando di norme che regolano l’economia, la quale a sua volta è basata sul commercio di “cose chimiche”.

L’importanza dei chimici in Parlamento e nelle assemblee elettive è stata riconosciuta in tutti i 150 anni della storia politica italiana. Alla nascita del regno d’Italia esisteva una Camera composta di deputati eletti (peraltro per molti decenni soltanto da una piccola parte della popolazione ed erano escluse le donne), provenienti in gran parte dalle classi agiate e dalle professioni liberali. Il Senato era invece costituito da persone nominate dal re; fra queste figurarono molti chimici come Stanislao Cannizzaro, Giacomo Ciamician (che é stato anche consigliere comunale a Bologna), Emanuele Paternò, dei quali si ricordano gli interventi nella discussione di problemi chimici relativi alle norme doganali, alla qualità del fosforo da impiegare nei fiammiferi, all’igiene nelle fabbriche, alle leggi sanitarie, eccetera.

Tutto questo è continuato fino al fascismo quando il Parlamento elettivo è stato chiuso e sostituito, per alcuni anni, dalla Camera dei fasci e delle corporazioni i cui componenti erano nominati dal governo fascista, e nella quale figurarono vari chimici, spesso espressioni dei gruppi di interessi, delle loro corporazioni, il che non escludeva che si occupassero di problemi della chimica e dell’industria. Si possono ricordare Giuseppe Bruni, Luigi Cambi, Felice De Carli, Pier Giovanni Garoglio (studioso di oli e grassi), Angelo Tarchi, Guido Donegani che, pur essendo laureato in ingegneria, era il presidente della più grande industria chimica italiana ed era già stato eletto nella Camera dei Deputati prima del fascismo. Nel periodo fascista il Senato praticamente non contava niente.

La vita è rinata dopo la Liberazione: nell’assemblea costituente fu eletto il chimico Michele Giua che era stato incarcerato molti anni per opposizione al fascismo e che fu rieletto varie volte al Senato in cui intervenne spesso sui problemi di sua competenza. Per quanto ne so negli anni successivi la presenza dei chimici è stata molto scarsa, da contare sulle dita delle mani. Eppure sono stati gli anni del vivace dibattito sul contenuto di fosforo dei detersivi, sui pesticidi, sulle caratteristiche dell’acqua potabile, sul contenuto di piombo delle benzine; sull’inquinamento delle falde idriche provocato dalle discariche di rifiuti tossici; furono gli anni dell’incidente al reattore di Chernobil e della contaminazione radioattiva degli alimenti, degli incidenti nelle fabbriche chimiche dell’ACNA in Liguria, della Farmoplant in Toscana, di Marghera, nel Veneto. E non si parla di chimica anche adesso, anche in Puglia, con l’inquinamento da diossine, PCB, benzopirene, con le emissioni di mercurio dalle centrali termoelettriche ? Sono certo che i chimici, se saranno eletti, potranno dare un contribuito, proprio in quanto chimici, al miglioramento delle leggi da cui dipendono l’ambiente, l’economia, il lavoro, cioè la vita.

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