mercoledì 20 marzo 2013

Louis Maillard (1878-1936)


Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

“Me la dia ben cotta”: la pagnotta, o la pizza. “Me la cuocia bene”: la bistecca. Ma stia attento a non scaldare troppo, altrimenti escono quei fumi acri e irritanti, proprio come quelli del latte “bruciato”, quando esce dalla pentola sul fuoco. E poi guardate quella bella signora che si sta spalmando la crema abbronzante sulla pelle. Che cosa hanno in comune il cuoco del ristorante, il pizzaiolo, la massaia distratta e la signora ? Stanno conducendo, senza saperlo, un importante esperimento chimico, quello della reazione di Maillard, la più diffusa e antica della terra, da quando i nostri progenitori, millenni fa, hanno scoperto che la carne scaldata sul fuoco non solo poteva essere conservata più a lungo, ma diventava più appetibile e buona.

Louis Maillard era nato nel 1878 a Pont a Mousson, nella parte francese della Lorena (l’altra parte era stata annessa alla Germania dopo la guerra franco-prussiana del 1870-71). Maillard mostrò fin da giovane interesse per le scienze naturali, per la botanica e la geologia. Nel 1900 fu chiamato a tenere dei corsi di fisica e chimica all’Università di Nancy. Nel 1902 si trasferì all’Univetsità di Parigi come docente e come ricercatore, impegnato specialmente alla fisiologia. Nel Journal de Physiologie del 1912 apparve il lavoro che lo rese celebre: “Reazioni generali degli amminoacidi con gli zuccheri”.

Gli anni successivi Maillard, che apparteneva alla buona borghesia francese, ebbe numerosi riconoscimenti accademici e scientifici. Nonostante i difetti alla vista servì, durante la prima guerra mondiale, come capo dei servizi medici e tossicologici dell’esercito francese. Maillard passò gli ultimi anni della sua vita in Algeria e morì a Parigi nel 1936. Benché gli interessi di Maillard si siano estesi in vari altri campi, è alla “sua” reazione che deve la fama, crescente col passare degli anni a mano a mano che veniva riconosciuto che tale reazione si manifesta in molti fenomeni naturali e commerciali. Esiste una associazione degli amici e estimatori di Maillard, la International Maillard Reaction Sociery, www.imars.org/online che organizza ogni anno delle affollate conferenze.

E’ stato infatti questo chimico francese a scoprire il meccanismo Louis Maillard scoprì la “sua” reazione nel 1912, scaldando a bagno maria, alla temperatura di ebollizione dell’acqua, una miscela di una parte di glicocolla, il più semplice dei circa 20 amminoacidi presenti nelle proteine, con quattro parti di glucosio, il più semplice degli zuccheri. Maillard osservò che si formava un liquido che diventava giallo e poi assumeva un colore bruno con liberazione di un gas che identificò come anidride carbonica. Si mise allora di buona lena a combinare un gran numero di amminoacidi con molti zuccheri, scaldando le miscele a temperature fino a 150 gradi, variando l’acidità e la quantità di acqua presente e notò che si formano centinaia di composti. Maillard ne identificò vari nel mais abbrustolito, nelle bistecche, nella crosta del pane, nel caffè e nell’orzo tostato e quindi nella birra scura. Il profumo e il sapore, ma anche i fumi sgradevoli derivano dalla reazione fra un gruppo chetonico adiacenmte a un gruppo alcolico: R1–CO–CHOH–R2 con un gruppo amminico H2N–R3.

Secondo una grossolana schematizzazione, si forma dapprima una base di Schiff
R1–C=N(R3)–CHOH–R2  che, per la trasposizione di Amadori, si isomerizza in
R1–C(NH-R3)=C(OH)–R2.

Ecco quindi entrati nella reazione di Maillardi altri due chimici, questa volta italiani, Ugo Schiff (1834-1915), per molti anni professore nell’Università di Firenze, uno dei fondatori della Gazzetta Chimica Italiana, e Mario Amadori (1886-1941), professore di chimica farmaceutica nell’Univesità di Modena. Le loro biografie si trovano nel sito curato dal prof. Gianfranco Scorrano che contiene preziose notizie di un gran numero di chimici italiani: http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/la_chimica_italiana.pdf.

La reazione di Maillard ha carattere più generale di quanto si pensi; praticamente in tutti gli alimenti esistono carboidrati e proteine che, in seguito a riscaldamento, danno luogo alla formazione di numerosissimi composti a seconda della temperatura, del contenuto in acqua, del pH, della durata della reazione. Alcuni dei prodotti della reazione di Maillard sono utili nella chimica bromatologica e merceologica per svelare le modificazioni degli alimenti, Ad esempio la presenza di elevate concentrazioni di idrossimetilfurfurolo HMF nel miele svela che è stato riscaldato e la concentrazione della sostanza nel miele commerciale non deve superare 40 mg/kg. L’aroma del celebrato “aceto balsamico” deriva anche lui da una reazione di Maillard.

Altri, come l’acrilammide H2N–CO–CH=CH2, sono tossici e cancerogeni e sono responsabili di malattie professionali fra gli addetti alle cucine e ai forni da pane che dovrebbero essere dotati di efficienti impianti di ventilazione e filtrazione, anche per non disturbare i vicini.

Quanto poi alla signora, il colore scuro si forma dalla reazione di Maillard fra l’agente autoabbronzante, uno dei più diffusi è il diidrossiacetone HO–CH2–CO–CH2OH, con i gruppi amminici della cheratina della pelle.

Sono debitore di molte notizie al prof. Gorge Kauffman, il noto storico americano della chimica che insegna all’Università dello stato della California, a Fresno, autore fra l’altro di un recente articolo sul centenario, l’anno scorso, della scoperta della reazione di Maillard: George B. Kauffman and Jean-Pierre Adloff, “The centenary of the Maillard reaction”, The Chemical Educator, 18, 9-17 (January 25, 2013);



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